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Gubbio

Gli studiosi ritengono che le ripetute invasioni, da parte degli indoeuropei diedero origine ai diversi popoli italici; tra questi si deve comprendere la civiltà degli umbri, in contrapposizione agli etruschi che abitavano al di là del Tevere, di cui Gubbio era la città sacra. Le sue case ed i suoi palazzi erano arroccati al monte e là prendeva corpo la citta-stato la cui struttura, dal III al I secolo a.C., è indicata nelle tavole eugubine, conservate nel Palazzo dei Consoli, che sono considerate la più importante testimonianza della civiltà umbra. Forse la attuale Via Savelli determinava la linea delle mura, della città-stato di Gubbio, su cui si innestano le porte di Trebulana, Tessenaca e Veia.

Roma dà inizio alla sua espansione cominciando la conquista della penisola: anche Gubbio viene interessata dagli avvenimenti politici e militari che sottintendono a quelle operazioni. Quando Gubbio diventa Municipio Romano si conclude la sua romanizzazione e di quel periodo, anche se nessuna delle vie consolari la tocca, restano importanti segni, il più evidente dei quali è il magnifico Teatro Romano. La posizione di questo ci indica chiaramente che la città romana, non avendo nemici da cui difendersi, era scesa dal monte insediandosi nella comoda e produttiva pianura eugubina.
Il Palazzo Ducale è dichiaratamente l'espressione di un modello di vita che si ispira alla civiltà umanistica. Recenti studi ritengono che fu Francesco di Giorgio Martini, senese, l'architetto artefice del magnifico palazzo, forse sulla base di un progetto già impostato dal dalmata Laurana già al servizio dei Montefeltro.Molto interessante è anche il cortile interno che ricorda, con dimensioni ridotte, i palazzi ed i cortili di Urbino; sicuramente quando l'edificio fu consegnato doveva essere splendido per gli ornamenti e gli accessori rinascimentali. Lo "studiolo" del duca, oggi al Metropilitan Museum di New York, era di pannelli lignei riccamente intarsiati e copriva le pareti sino a m. 2,68; oggi si può ancora osservare le bellissime tarsie del portone, il soffitto a cassettoni, il camino in pietra serena e le formelle in laterizio delle tettoie del palazzo. Il Palazzo oggi e di proprietà della Sovrintendenza dei beni culturali ed è adibito a museo e luogo di mostre.
Dalla piazzetta antistante il Duomo si inerpica la via S. Ubaldo per le pendici del Monte Ingino fino alla Basilica di S. Ubaldo, a 827 m di altitudine.

Il santo vescovo Ubaldo fu sepolto nel 1194 nella antica Pieve di S. Gervasio, sulla quale fu riedificata nel 1514-25, per volere delle contesse Elisabetta e Eleonora della Rovere, questa basilica a cinque navate, dedicata da allora a S. Ubaldo, il cui corpo incorrotto è conservato in un urna in bronzo dorato e vetro sull’altare maggiore, riccamente istoriato. Nella navata di destra sono invece custoditi, durante tutto il resto dell’anno, i famosi Ceri, assunti a stemma della Regione Umbria e che in occasione della vigilia della morte di S. Ubaldo, il 15 maggio, vengono trasportati a spalla in una folle corsa da Piazza della Signoria fino alla Basilica di S. Ubaldo. Si tratta di tre macchine di legno intagliato, a forma di due prismi ottagonali sovrapposti, montati su una piattaforma munita di lunghe aste; in cima ad ognuna si trovano rispettivamente le statue di S. Ubaldo (patrono della Corporazione dei Muratori), di S. Giorgio (della Corporazione dei Commercianti ed Artigiani) e di S. Antonio (della Corporazione dei Contadini).

La Corsa dei Ceri, manifestazione unica nel suo genere, coinvolge tutta la popolazione della città, residente o emigrata che sia, oltre ad attirare migliaia di spettatori. È impressionante, come si riesca a trasportare a spalla queste macchine pesantissime (circa 400 kg) e, grazie alla loro notevole altezza, di un equilibrio precario in una sfrenata corsa attraverso le viuzze medievali della città e su per la collina per un dislivello di 300 m, facendo dei cambi volanti dei ceraioli (trasportatori) impiegati. Agli inizi di giugno la manifestazione viene ripetuta dai più giovani nella Festa dei Ceri Piccoli.